#mammachelavorointerviste
Credo che sentire le esperienze di donne e mamme, conoscere le difficoltà che quotidianamente si trovano a dover affrontare nel cercare di conciliare famiglia e lavoro sia importante e spesso salutare perchè ci fanno capire che non siamo sole e che certe problematiche sono “ordinarie” e che non siamo noi “sbagliate” nel percepirle. Ci fanno, insomma sentire più “normali”.
Oggi Elena di Carousel Equip
e ci racconta la sua storia
Cos’è Carousel Equipe?
Carousel Equipe è un proposta di movimento risultante dal mio modo personale di intendere l’acrobatica.
È volontà espressiva e motoria, è desiderio di ricerca di un ordine diverso di regole note, è studio dei meccanismi biomeccanici che definiscono il funzionamento del nostro corpo nell’esplorazione dei suoi limiti, delle relazioni spaziali e delle interazioni che può sviluppare.
Carousel Equipe è l’intima necessità di dare un senso etico e di armoniaall’attività motoria.
Il progetto mira ad uno sviluppo educativo attraverso il movimento, ad un accrescimento emotivo in termini di autostima attraverso competenze; l’essenza di “Carousel Equipe” risiede nei concetti di SQUADRA, una comunione di individui pronti a supportarsi vicendevolmente per il raggiungimento di obiettivi peculiari, e nel vorticoso movimento del CAROSELLO, una giostra, un meccanismo in moto circolare perenne, che girando, scatena euforia, divertimento, energia. Carousel Equipe organizza corsi di Discipline Aeree Circensi eGinnastica Posturale Antalgica.
Cosa ti ha spinto a lasciare il tuo lavoro?
Sinteticamente: il bisogno di EQUILIBRIO.Dopo la nascita di mio figlio ho continuato a lavorare in ufficio nel ruolo di Assistente alla Direzione Commerciale per circa 14 mesi. La decisione di interrompere l’attività lavorativa è stata una scelta ponderata, conseguente a mesi di discussioni con il mio compagno, con i nonni..si è trattato di un’orientamento FAMILIARE e non squisitamente di una MIA scelta personale: se da una parte l’esigenza era quella di avere “due stipendi” così da garantire una certa tranquillità economica, dall’altra, una buona parte di queste entrate finivano con l’essere destinate a persone che si occupavano di nostro figlio in nostra assenza..il tutto per non perdere un posto di lavoro che generava ansie, incertezze e si palesava come completamente privo di alcuna prospettiva di crescita.
Ero infelice, insoddisfatta e logorata da sensi di colpa. Il dispendio energetico implicato dal passare circa 12 ore al giorno fuori casa, ed occuparmi al rientro dei miei cari, del ménage della casa, delle faccende quotidiane, per non parlare del gestire le innumerevoli malattie del piccolo.. era pura follia! le notti insonni? una regola.
Ho persino perso “i primi passi” del mio bambino: una mattina come tante, l’ho portato al nido, gattonava. La sera camminava da solo.
NO, nella maniera più assoluta.Lavorare con l’Estero, specie per chi si occupa anche dell’aspetto logistico e finanziario delle transazioni commerciali, implica necessariamente occuparsi di questioni URGENTI in orari al di fuori dei “canonici”. Una figura di tipo commerciale in un’azienda è spesso è costretta a chiedere grandi sforzi alla Produzione o alla Logistica, ciò per assicurare un buon esito delle operazioni, e per garantire all’azienda stessa lavoro futuro tradotto in un moltiplicarsi di richieste e vendite. Inoltre parte del lavoro comprendeva visionare personalmente documenti e merce, per tanto, sarebbe stato impossibile portarlo avanti in un luogo differito. L’Assistente per “deontologia” deve essere presente e disponibile, ciò per il ruolo di subalternità al Responsabile 🙂
Se si quale è stata la posizione dell’azienda di fronte a tali tue richieste?
Immagino sarei stata demansionata più di quanto successe comunque: al rientro non avevo più la mia postazione, sgomitando riuscii in qualche settimana a ritagliarmi una nicchia, spendendomi anche nell’Import oltre che nell’Export…e per alcune questioni i clienti chiedevano (fortunatamente) di me.
Come influisce il lavoro sul tuo equilibrio personale?
Direi in maniera decisiva, per un fattore legato alla soddisfazione ed all’autostima. Abbandonare un posto di lavoro perchè NON SOSTENIBILE è (utilizzo un termine che sembrerà esagerato) un lutto personale ed un fallimento, socialmente parlando. In qualche modo è radicata nelle persone l’idea che sia del tutto normale, anzi, un valore pregevole, che la donna passi più tempo delle sue “ore di veglia” in un posto di lavoro, magari con mansioni manageriali, e che nel contempo abbia marito e figli.
Chiunque viva questa condizione sa perfettamente che il tempo ha una dimensione QUANTITATIVA oltre che qualitativa, e per quanto la qualità del tempo che trascorriamo ad occuparci di noi stessi e dei nostri cari sia ottimizzata, una quantità scarsa dello stesso implica necessariamente RINUNCE.Rinunce di tipo emotivo, valoriale. E le rinunce sono proporzionali al tempo disponibile. Il nodo fondamentale è proprio questo: la rinuncia. Soppesare continuamente cosa ci si stia perdendo, e se davvero “ne valga la pena” o, in un’accezione più positiva, se davvero ne valga “il gioco”.
Quando hai pensato di trasformare una tua passione in lavoro?
Solo nel momento in cui qualcuno ha visto (e creduto) in me, e mi ha rivolto una richiesta. Richiesta che per altro inizialmente ho declinato, per timori legati al peso delle responsabilità…all’inesperienza. Non mi ero mai concessa di pensare di poter “dare spago” ad alcuni progetti che custodivo nel profondo del mio Essere.
Progetti di tipo educativo, socioculturali..sono sempre stata un tipo piuttosto pratico e ho imparato negli anni a far “di necessità virtù”, quindi anche ad appassionarmi a lavori tecnici ed amministrativi, molto lontani dalla creatività che sperimento e respiro ora, quotidianamente.
Adesso come ti senti? Prenderesti la stessa decisione?
L’umore è legato alla conquista o alla frustrazione del momento: dare un valore sociale ad un’attività, un’iniziativa individuale che senti che può essere realmente UTILE oltre che divertente, necessariamente implica rapporti umani di diverso tipo con interlocutori diversi: prima di tutto vengono i tuoi utenti-clienti, che hanno nei tuoi confronti delle aspettative ludiche, di risultato performativo…vogliono star bene, sentirsi bene, imparare cose nuove.
Vogliono ESSERE migliori. Significa in qualche modo nutrirli, avvincerli, attribuire loro degli obiettivi, farglieli raggiungere. Dare stimoli creativi. Divertirli. E questa è la parte stupenda. Poi..il resto del tempo lo si passa nella formazione continua, sia tecnica, relativa all’attività motoria, sia psico-somatica, si studia molto e si fa ricerca. Ci si tiene aggiornati insomma, leggendo libri, frequentando corsi..e facendo chilometri e chilometri con qualsiasi mezzo di locomozione disponibil.
La parte di programmazione delle attività è credo la più piacevole del mio attuale modo di condurre questa avventura..ma di fatto finisce con l’esserne una porzione esigua. Una fetta importante in questa fase di “esordio” è colonizzata dalle gestione burocratica e dal percorso di accreditamento che tengo a seguire a livello di certificazioni: questa è di fatto anche la parte più onerosa, sia per il peso economico che rappresenta nell’ambito delle mie risorse personali, che per l’emotività di fondo (ed ammetto che l’esperienza nell’Export è stata una bella “palestra”, in termini di problem-solving, di Pratiche e documenti da compilare..).
Nell’intraprendenza, definita la via da seguire, ogni giorno si presentano situazioni e problematiche che richiedono un intervento e delle decisioni, e sostanzialmente, ciascuna decisione è una conferma coerente ALLA DECISIONE, alla prima, quella di partire!Come mi sento?
MI ASCOLTO.
Elena grazie mille davvero!!
Simona Fontana
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